da Torino: Una buona scuola per una giusta società

 

di Matteo Saudino – Raffaella Paisio –Insegnanti Arrabbiati Torino


Dopo 15 giorni di mobilitazione contro il piano del sottosegretario Reggi, il Ministero dell’Istruzione abbandona i toni enfatici che annunciavano cambiamenti epocali per la scuola italiana e si gela. Per Renzi la priorità è modificare la costituzione italiana con Berlusconi, non certo la scuola italiana. Dall’oltretomba, si leva la voce esile (forse dovuta allo 0.7% ottenuto dalla lista Monti nelle ultime elezioni europee)della Ministra Giannini per comunicare che il progetto di ennesima riforma della scuola verrà ripresentato a settembre e dovrebbe riguardare l’entrata in vigore del sistema di valutazione per le scuole, l’innalzamento a 15 giorni delle supplenze da affidare non più ai docenti precari, ma solo a quelli di ruolo e la riduzione a 4 anni delle scuole superiori. Si tratta di un passo indietro rispetto all’innalzamento a 36 ore a parità di stipendio dell’orario degli insegnanti di ruolo e alla proposta di premi ad personam a discrezione dei dirigenti scolastici. Ma la direzione è sempre la stessa. La stessa di tutti i ai governi di centro-destra e di centro-sinistra degli ultimi vent’anni: snellire il sistema di istruzione pubblico. Nonostante i pretestuosi proclami contro la riforma Gelmini sbandierati da Renzi, il governo continua a muoversi dentro le logiche di liberiste e di austerità che fanno della scuola pubblica una spesa da ridurre. come? Semplice. Taglio del personale. Blocco dei pensionamenti e blocco dei salari. Aumento degli allievi per classe, riduzione dell’offerta formativa, taglio dei corsi serali. Infine, la pietra tombale: riduzione di un anno delle scuola secondaria di secondo grado. Di fronte ad un Paese che non cresce e se lo fa la crescita si colloca (giugno) intorno allo 0,2%. Di fronte a un governo che non predispone alcuna seria politica occupazionale, che non attua politiche a sostegno dei redditi e della domanda, che continua a finanziare le grandi opere, che non stana l’evasione e il sommerso. Di fronte ad un Paese che finanzia le scuole private e che non intende istituire una serie patrimoniale sulle grandi rendite, è chiaro che l’istruzione pubblica sarà sempre considerata un albero da potare e non un seme da innaffiare. La scuola è funzionale alla società che si vuole costruire. Al di là della retorica centralità della formazione costante nell’età della globalizzazione, l’amara verità è che i governi italiani hanno sposato in pieno un’idea di istruzione collegata al mercato e ai parametri economici nazionali ed europei. La scuola e il diritto allo studio sono ridotti ad una variabile dell’economia. Meno scuola pubblica per tutti, master e corsi privati per pochi, scuole più ricche e scuole più povere, scuole per la classe dirigente e scuole per il popolino. Passo dopo passo, anno dopo anno chi ci governa ci porta via un pezzo di scuola e progetta un sistema d’istruzione che legittima le disuguaglianze e le ingiustizie dell’esistente. Se capiamo che ciò significa toglierci diritti e democrazia, cioè un futuro di libertà e dignità, riusciremo a trasformare il movimento estivo contro i “misfatti di luglio” in un movimento reale di insegnanti, studenti e cittadini in grado di costruire una buona scuola, che permetta ai giovani di crescere, scoprire ed espandere le proprie capacità, per ciascuno diverse e divenire cittadini partecipi ed adulti consapevoli e critici. In grado di costruirsi da sè il futuro che sceglieranno per sè stessi. Una buona scuola per una buona e giusta società.