L’elemosina pasquale del governo

di Claudio Portici

Mentre in Parlamento è cominciata la discussione sul decreto lavoro di Poletti, un vergognoso provvedimento che incrementa ancora la flessibilità e il potere padronale sulla forza lavoro, è utile fare alcune precisazioni sul “regalo” pasquale degli ormai mitici 80 euro.

Il governo Renzi si muove rapidamente, come lui stesso ha più volte sottolineato, tra misure reali e molte promesse, in una miscela che ha la funzione di permettere al Presidente del Consiglio e al suo partito di ottenere una vittoria alle prossime elezioni europee. Come per il vecchio movimento futurista il movimento e la velocità sono l’essenza stessa dell’essere; per restare sul banale è noto che se in bicicletta si riduce troppo la velocità si rischia di cadere e Renzi, che ha costruito la sua immagine sulla rapidità dell’operare non può fermarsi senza perdere di credibilità.

Non era facile per il Presidente del Consiglio dare un piccolo obolo ai lavoratori, restando dentro le politiche di austerità, senza colpire i suo mandatari, i padroni e senza tagliare troppo e subito la spesa pubblica a partire dalla sanità.

Renzi è consapevole dei suoi equilibrismi verbali e finanziarie e sa bene che la verifica della consistenza reale della manovra economica da fare, sarà in autunno, con la legge di stabilità che dovrà contenere il deficit annuale ben sotto il 3% e garantire un forte avanzo primario, cioè la differenza positiva tra le entrate e le spese annuali al netto degli interessi del debito.

Per questo anche ha chiesto alla Commissione Europea, col voto del parlamento come prevede il trattato del fiscal compact, di poter rinviare al 2015 l’applicazione della regola che impone la riduzione del debito storico del 5% ogni anno (per l’Italia a 50 miliardi annuali).

Per ora grida vittoria per essere riuscito a mantenere la promessa di dare a 10 milioni di lavoratori un bonus di 80 euro e, per non far torto a nessuno, tanto meno ai soggetti di riferimento di questo governo, una riduzione dell’IRAP del 10,2% per imprese, banche e professionisti.

Ma la realtà è assai più complessa di come è stata presentata.

In primo luogo l’elargizione di Renzi è un bonus, non una misura di riduzione fiscale permanente; è “una tantum” perché le coperture finanziano solo l’intervento sul 2014 e quindi per soli 8 mesi.

Si tratta di 80 euro per circa 6 milioni di lavoratori che hanno un reddito lordo tra 16 mila e 25 mila euro; il bonus è pari al 4% del reddito complessivo per quelli che sono al di sotto dei 16.000 euro ed è decrescente in modo proporzionale per quelli che si collocano sopra i 25 mila; esso si azera del tutto a quota 28 mila euro. Per renderlo strutturale come promesso dal governo, serviranno nuove e stabili risorse per il 2015 e anni seguenti.

In secondo luogo il provvedimento lascia fuori proprio i lavoratori più poveri, cioè i cosiddetti incapienti e le partite iva, che, come ormai tutti riconoscono, sono in grande maggioranza lavoratori nei fatti completamente dipendenti da un imprenditore e con bassi redditi.

Pronta la promessa di Renzi che afferma: “tranquilli penseremo quanto prima agli incapienti ed anche alle famiglie” volendo rassicurare anche il centro destra che lo sostiene.

Tutti si sono dimenticati dei pensionati che pure costituiscono una parte consistentissima dei bassi redditi; ma forse è quasi un bene perché un primo progetto finanziario proponeva di ridurre l’importo delle pensioni…..

Qualcuno ha fatto rilevare che il promesso taglio degli F35 non esiste. Risponde puntuale “La Repubblica” che esiste un “piano segreto” per dimezzare l’acquisto degli F35!?

Ma veniamo alle coperture per finanziare i 6,9 miliardi necessari.

Alcune misure sono di utile propaganda, ma di scarso impatto finanziario, come i 100 milioni che arriveranno dalla riforma delle province, il taglio delle auto blu e la riduzione del tetto degli stipendi degli alti dirigenti (si passa dai 311 mila euro lordi annui a 240 mila) per chi lavora nella Pubblica amministrazione o nelle società controllate e per i magistrati. Questa misura non è valida però per le società controllate quotate in borsa e che emettono titoli.

La condivisibile misura di ridurre gli emolumenti dei dirigenti serve al governo però anche da apripista per colpire in un secondo momento, tramite una “adeguata campagna di stampa contro i privilegi”, il corpo assai più vasto dei dipendenti pubblici ai vari livelli stipendiali. Cento milioni (un miliardo nel 2015) arriveranno anche dalla riduzione delle municipalizzate; sarà interessante verificarne gli effetti sulla occupazione dei lavoratori che vi lavorano, e 150 milioni dai tagli alla Rai.

Poi ci sono 600 milioni di maggiore IVA per il pagamento dei debiti vantati dalle imprese nei confronti della P.A.

Un miliardo vale la riduzione del credito di imposta alle imprese; 300 milioni, già recuperati alla evasione fiscale quest’anno sono messi in bilanci; si prevede di recuperarne 3 miliardi (ma questi sono teorici) il prossimo anno.

Poi ci sono 1,8 miliardi di euro di imposte che le banche dovranno pagare per la rivalutazione delle loro quote in Banca Italia. Sembra un grande sacrificio per le banche, ma è così perché si tratta solo di una riduzione del vergognoso ed enorme regalo che con questa operazione il precedente governo aveva loro fatto; il regalo viene solo ridotto.

Poi si arriva alla riduzione della spesa pubblica; 2,1 miliardi ottenuti dal taglio degli acquisti dei beni e dei servizi, equamente ripartito tra lo stato, le regioni e gli Enti locali; 700 milioni ciascuno. E’ una consistente riduzione dei fondi per quelle istituzioni che sono deputate ad erogare i servizi. Ecco dove sta il gioco delle tre carte, dare con una mano quello che si toglie con l’altra.

Renzi proclama che la sanità non è stata toccata; solo che i bilanci delle Regioni sono per l’80% dedicati alla sanità…. Piove sul bagnato perché negli anni scorsi le risorse per la sanità sono già state ridotte di oltre 15 miliardi. E una resa dei conti più dura è solo rinviata a quello che viene chiamato il “patto per la salute”. Quando le parole stanno ad indicare esattamente il contrario!

Ma c’è un’altra categoria di tagli (900 milioni) che presentata sotto il titolo di “Sobrietà” (in questa capitolo stanno le riduzioni degli stipendi dei dirigenti pubblici, che però incidono solo in piccola parte) non si presenta per nulla rassicurante.

Già si è saputo che sono previsti 30 milioni in meno per l’Università.

La riduzione dell’IRAP per imprese e professionisti è finanziata con un aumento dal 20 al 26 % delle rendite finanziarie dal 1° luglio del 2014. Restano fuori dalla misura i titoli di stato che continueranno ad essere tassati al 12,5%.

Il provvedimento colpisce non solo le grandi rendite finanziarie, ma tutti quelli che maturano interessi sui conti correnti, sui conti deposito, sulle obbligazioni od anche sui proventi delle polizze vita; è coinvolta quindi anche una vasta platea di lavoratori, artigiani, commercianti.

Ma chiariamo infine che cosa è nella sostanza questo bonus di 80 euro.

Si tratta di una elemosina, di una elemosina pelosa ed elettorale che rischia inoltre di essere cancellata già dal prossimo anno con la legge di stabilità.

Una elemosina a cui fa riscontro un immenso, enorme furto compiuto ai danni della classe lavoratrice negli ultimi venti anni a vantaggio delle rendite e dei profitti.

La Banca regionale europea già nel 2007 lo aveva quantificato in 120 miliardi annui. E la situazione per i lavoratori è poi ancora peggiorata con contratti salariali sempre più ridotti, con le cosiddette “riforme” a partire da quella delle pensioni, con la riduzione dei servizi pubblici. Infatti non esiste soltanto il salario diretto monetario, ma anche quello, ma anche quello sociale (scuola, sanità, ecc.) e quello differito delle pensioni (quando non si ha più la forza e la possibilità di lavorare.) Il disegno dei padroni è di ridurre al minimo proprio queste due altre forme del salario dei lavoratori.

Per non parlare dei miliardi che i padroni hanno risparmiato scaricando il costo delle ristrutturazioni industriali sulle lavoratrici e lavoratori. Proprio in questi giorno sono usciti i dati dell’INPS sulla cassa integrazione; nel mese di marzo la cig ha raggiunto il picco mensile assoluto, 100 milioni di ore; 530 mila lavoratori nei primi tre mesi del 2014 si sono trovati in questa condizione con una perdita di reddito complessivo pari a 1 miliardo: Significa che ciascun lavoratore in tre mesi ha perso pari a 1.900!!!.

Quando Renzi dice: “nessuno finora ha fatto quanto sto facendo io” e quando, anche tra i lavoratori qualcuno si compiace della “generosità” del governo, si ha esattamente la conferma del dramma che si sta vivendo, del furto che continua, del risarcimento a cui nessuno pensa e che gli 80 euro sono solo e soltanto una elemosina dei potenti nella speranza di far riprendere un poco i consumi, per di più finanziata in gran parte coi soldi stessi dei lavoratori (la spesa pubblica).

Inoltre sulla capacità dei lavoratori di contrattare salari adeguati pesa come un macigno la grande massa dei disoccupati e dei precari creati dal sistema capitalista e dalle scelte di politica economica dei governi, che permette ai padroni di mettere in concorrenza tra loro i lavoratori e di abbassare in varia forma le retribuzioni. Renzi con il decreto sul lavoro che precarizza e flessibilizza ulteriormente il lavoro, da un altro aiuto formidabile alla classe padronale e alle imprese capitalistiche.

Naturalmente questo governo che agisce in base ai principi liberisti per cui a creare lavoro possono essere solo i privati, flessibilizzando il lavoro e riducendo loro le tasse, non può neppure pensare per un istante di creare lavoro buono e retribuito adeguatamente attraverso un vasto piano pubblico, attraverso forti investimenti dello stato in questa direzione che oltre a creare milioni di posti di lavoro potrebbe permettere di garantire uno sviluppo più equilibrato e così complessivamente favorire migliori retribuzioni per tutti, sottraendo milioni di precari e di senza lavoro al ricatto della disoccupazione.

Tanto meno gli viene in mente di favorire l’organizzazione e la forza sindacale del movimento dei lavoratori perché in questo modo questi hanno la possibilità di conquistare contratti di lavoro più vantaggiosi e favorevoli alla classe lavoratrice.

Ma questo è proprio invece quello che bisogna rivendicare, quello per cui ci si deve battere ed organizzarsi, è la strada che indicano le forze politiche e sindacali di classe e di sinistra che vogliono combattere le politiche dell’austerità che oggi continua nella versione non meno insidiosa e grave di Renzi

Senza questo cambio di rotta, senza una nuova mobilitazione per la difesa degli interessi della classe lavoratrice continueremo come prima a leggere i tragici comunicati dell’Istat che ci informano che più di un milione di famiglie sono senza redditi di lavoro (+18% in un anno). Di questi quasi 500.000 sono coppie con figli, 213.000 sono monogenitore, 295.000 single e 83.000 coppie senza figli; e i comunicati della Coldiretti che ci dicono che nel 2013 più di 4 milioni di persone hanno chiesto aiuto per poter mangiare.

Non c’è più tempo; bisogna reagire a questa situazione intollerabile.