Un nuovo anno scolastico si apre all’insegna della lotta!
Il governo bipartisan guidato da Enrico Letta non ha infatti intenzione alcuna di invertire la rotta rispetto alle disastrose politiche contro l’istruzione pubblica perpetrate da Gelmini e Profumo. I tagli di otto miliardi previsti dalla legge 133 del 2008, il riordino delle scuole secondarie con la soppressione di molte ore di scuola, l’accorpamento degli istituti, la deportazione dei docenti inidonei su altre mansioni e in altre amministrazioni, l’aumento del numero medio degli alunni per classe, il mantenimento in servizio dei lavoratori che avevano maturato i requisiti per la pensione, il potenziamento di un sistema di valutazione avvilente, sono tutti elementi che non vengono messi in discussione dalla linea della nuova ministra.
La linea di fondo rimane la stessa, imposta dalle politiche di austerità europee: spendere il meno possibile per i servizi pubblici, licenziare i lavoratori e di conseguenza abbassare la qualità delle prestazioni offerte a garanzia di diritti fondamentali come quello all’istruzione.
Tuttavia il nuovo anno scolastico si è aperto con una serie di annunci propagandistici del governo, che promette di assumere 69mila nuovi insegnanti in tre anni, di cui circa 27mila di sostegno per l’integrazione dei disabili. In realtà solo gli insegnanti di sostegno costituiscono un aumento reale dell’organico delle scuole, cui il governo è stato costretto da una sentenza della Corte costituzionale (n. 80/2010) che ha dichiarato illegittimo il provvedimento inserito nella legge finanziaria 2008 (del governo Prodi!) che stabiliva un limite massimo al numero di insegnanti di sostegno. Peraltro il governo sta facendo di tutto per “limitare il danno”, provando a far rientrare gli studenti disabili nella casistica dei Bisogni educativi speciali, cui non corrisponderanno insegnanti di sostegno (leggi Il governo Letta taglia i diritti dei disabili a scuola). Le altre assunzioni promesse faranno la stessa fine di quelle promesse a suo tempo da Fioroni, dalla Gelmini e da Profumo, essendo condizionate al “rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica”. I fatti parlano chiaro: in questo anno scolastico sono state effettuate solo 11mila assunzioni in ruolo a fronte delle, già poche, 15mila previste.
Inoltre il piano di assunzioni dovrà assicurare l’invarianza finanziaria – cioè deve essere a costo zero – grazie alla compensazione che dovrà essere assicurata da una “specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola”. Un attacco ulteriore al contratto collettivo, fermo al 2009 per la parte economica, che dovrà prevedere ulteriori perdite di salario reale per i lavoratori e le lavoratrici della scuola, oltre a non recuperare la perdita di potere d’acquisto già subita negli anni passati.
Dove voglia andare a parare il governo con questa sessione negoziale non è poi tanto difficile da prevedere, cioè l’aumento dell’orario di lavoro nella scuola a parità di salario, questa volta non per decreto ma con il beneplacito dei sindacati complici e con il contentino di qualche assunzione in più. L’intervento legislativo in materia del governo Monti aveva sollevato una mobilitazione di massa nelle scuole italiane all’inizio dello scorso anno scolastico, sostenuta anche dalla Cgil che si vedeva scavalcata nelle sue prerogative di negoziazione contrattuale. Ma cosa farà la Cgil di fronte alla stessa proposta in sede contrattuale, con un governo che vede il pieno coinvolgimento del PD e dopo le garanzie di raffreddamento già fornite con il patto del 31 maggio e l’appello di Genova?
Anche i soldi stanziati per l’assunzione degli insegnanti di sostegno sono pochi spiccioli rispetto agli oltre 100mila licenziamenti di fatto operati negli ultimi anni e agli otto miliardi di tagli dalla legge 133, che la maggioranza parlamentare si guarda bene dall’abrogare. Questi tagli sono stati dichiarati illegittimi dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011, ma le regioni, in primis quelle governate dal centrosinistra, rifiutano di far applicare le sentenze e di costituirsi parte lesa al TAR del Lazio (l’udienza sull’illegittimità dei tagli del 2011/2012 è prevista per il prossimo 21 novembre), mentre il governo, interrogato sulla questione in Senato, è arrivato a negare l’esistenza delle sentenze di illegittimità del TAR!
Intanto le scuole private e confessionali continuano ad essere finanziate in violazione della Costituzione e della volontà dei cittadini (vedi l’esito del referendum di Bologna). Anzi alcune norme che avrebbero reso più seri i controlli nelle scuole paritarie sono state prontamente stralciate dal decreto istruzione prima della pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Sul fronte dei precari della scuola, si continua a giocare sulla loro divisione in mille tipologie, illudendo ogni volta migliaia di giovani di poter accedere ad una professione socialmente utile e gratificante come l’insegnamento. Il concorso, fiore all’occhiello del ministro Profumo, si è rivelato una grande presa in giro. Oltre alla farsa delle prove preselettive costruite su quiz da settimana enigmistica, alla inevitabile arbitrarietà nei giudizi sulle prove scritte e orali, alla fine il 73% dei vincitori non sono stati assunti, semplicemente perché i posti di lavoro messi a concorso non esistevano, essendo calcolati con criteri precedenti alla riforma delle pensioni della Fornero. Intanto si fomenta la guerra tra gli abilitati con i TFA ordinari e i futuri abilitati speciali (cd. PAS), e tra questi insieme contro i vecchi abilitati SISS… Non importa che i precari aumentino esponenzialmente in numero, anzi questo fa gioco per peggiorare le condizioni di lavoro nelle scuole, ciò che interessa al governo è che questi non si coalizzino tra loro per chiedere, semplicemente, un massiccio investimento nella scuola pubblica e l’assunzione a tempo indeterminato su tutti i posti necessari. Ad oggi, dopo tutti i tagli della Gelmini, sono circa 120mila i contratti a tempo determinato stipulati per l’intero anno scolastico nelle scuole italiane. Tanti altri ne sarebbero necessari per garantire il diritto all’istruzione a tutte e tutti.
L’obiettivo fondamentale del governo è l’aumento della cosiddetta produttività nei servizi pubblici e nella scuola (come se nella scuola si producesse una merce), come era scritto in uno dei punti del memorandum di Trichet e Draghi indirizzato al governo italiano nell’estate del 2011.
Per fare questo si sta operando in due direzioni. Una è quella dell’aumento dell’orario di lavoro a parità di salario, o addirittura a fronte di pesanti riduzioni del salario reale, giocando sulla pressione di quell’esercito di riserva rappresentato dai precari.
La seconda consiste nel potenziamento del sistema di valutazione delle scuole, tema scivoloso anche per la Cgil che – fingendo di non comprenderne la portata – si è dichiarata più volte disponibile ad accettare che i docenti venissero valutati (peraltro il Dl Istruzione introduce l’aggiornamento coatto per i docenti i cui studenti non dovessero conseguire buoni risultati nei test Invalsi). L’obiettivo del governo è quello di differenziare gli stipendi degli insegnanti, premiandone pochi e mantenendo la maggioranza di essi con stipendi al limite della soglia di povertà relativa. Differenziare le scuole tra quelle che possono attrarre investimenti dal territorio, siano imprese, enti locali o semplicemente possano ottenere dalle famiglie contributi “volontari” sempre più gravosi, e quelle, la maggioranza, in cui studieranno i proletari di domani, sempre meno finanziate, squalificate ed emarginate.
I problemi della scuola non riguardano solo i docenti e i lavoratori. Chi paga le conseguenze della dismissione della scuola pubblica statale sono in primo luogo le studentesse e gli studenti. La scuola è ormai retta in maniera volontaristica grazie alle attività sottopagate o non pagate per niente di chi ci lavora, come si è visto lo scorso anno scolastico quando i collegi di numerose scuole hanno minacciato di bloccare ogni attività aggiuntiva oltre a quelle minime previste dal contratto di lavoro.
La valutazione delle scuole tramite i famigerati quiz Invalsi porterà a distorcere la didattica, alla trasmissione di contenuti di sapere minimi e nozionistici, inutili al pieno sviluppo di una personalità critica, che possa non solo adeguarsi alle condizioni sociali esistenti, ma puntare con la propria azione a cambiarle anche radicalmente.
Inoltre nonostante i finanziamenti sbandierati all’opinione pubblica delle borse di studio per gli studenti privi di mezzi, il Dl Istruzione taglia 37 milioni di euro rispetto al finanziamento stanziato lo scorso anno scolastico. Gli studenti idonei al conseguimento delle borse ma non vincitori aumenteranno anziché diminuire! Le altre somme stanziate per il welfare studentesco, per combattere il caro-libri e l’abbandono scolastico sono assolutamente insufficienti per raggiungere gli obiettivi proclamati.
Per la difesa della scuola pubblica si sta lottando in tutto il mondo. Dal 19 agosto gli insegnanti messicani si sono accampati con una tendopoli di circa 40mila persone nello Zocalo di Città del Messico (sono stati sgomberati dalla polizia solo sabato scorso, con una operazione di repressione violenta che si è conclusa con 31 arresti e decine di feriti). La CNTE (Coordinamento nazionale dei lavoratori dell’istruzione) ha proclamato lo sciopero ad oltranza non facendo partire l’anno scolastico. Gli insegnanti protestano contro l’istituzione dell’Istituto Nazionale per la Valutazione e la precarizzazione del rapporto di lavoro, l’attacco ai diritti sindacali (leggi il reportage di Carmilla Online).
In Grecia è previsto uno sciopero nazionale ad oltranza degli insegnanti delle scuole superiori a partire da oggi (16 settembre), per contrastare le politiche di tagli del governo Samaras, che prevedono la chiusura di numerose scuole (oltre cento istituti soppressi dal 2011 ad oggi), la sospensione di 25mila dipendenti pubblici nel 2013 e il definitivo licenziamento di 14mila dipendenti nel 2014. (leggi la lettera agli studenti).
In Italia i precari della scuola sono già scesi in diverse piazze italiane lo scorso 4 settembre, hanno occupato simbolicamente il provveditorato di Roma. L’anno scolastico si è aperto lo scorso 13 settembre con un presidio di studenti e precari davanti al Miur. Sono già previste due giornate di lotta degli studenti, una il 4 ottobre convocata dai collettivi studenteschi (vedi studaut.it) e l’altra l’11 ottobre convocata dall’Unione degli studenti, che aprirà una settimana di mobilitazioni contro l’austerità fino allo sciopero generale del 18 ottobre (cui ha già aderito il Coordinamento delle scuole di Roma) e la manifestazione dei movimenti sociali di sabato 19.
E’ importante che contro le politiche dell’austerità si costruisca un ampio fronte unico di lotta, all’interno del quale la scuola sia protagonista, perché è uno dei settori in questi anni maggiormente colpito dai tagli e perché la distruzione della scuola pubblica sta minando le basi dello sviluppo della società. Chiediamo la restituzione di tutto il maltolto, il rilancio dell’istruzione pubblica statale con l’assunzione a tempo indeterminato delle lavoratrici e dei lavoratori precari della scuola, la libertà dell’insegnamento e il diritto ad un sapere critico e laico.
"Siate ribelli!". Con queste parole la ministra Carrozza ha inaugurato l'anno scolastico rivolgendosi alle studentesse e agli studenti del liceo Socrate di Roma. Ma contro chi e cosa dovrebbero ribellarsi gli studenti se non contro le politiche di austerità messe in atto nella scuola proprio dalla ministra?