Razzismo e omofobia della polizia dietro l’omicidio di Marielle Franco

Donna lesbica, nera, comunista, della favela del Maré, che osava occupare uno spazio destinato storicamente a ricchi uomini bianchi. Questo faceva di lei un target perfetto

da Rio De Janeiro,  Juliano Madeiros

traduzione Vilma Gidaro dalla rivista Forum

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Erano le ore 22 quando Marcelo Frexio, referente internazionale della lotta per i diritti umani contro la violenza della polizia, mi telefonò, “Hanno ucciso Marielle!  Hanno ucciso Marielle!” disse, con la voce rotta, pochi minuti prima di recarsi sul luogo del crimine. Restai attonito. Come “Hanno ucciso Marielle?” Lei non era minacciata, come i suoi aiutanti e parenti in  seguito confermeranno. Aveva denunciato le violenze della polizia, anche se gravi le denunce erano però limitate ad alcune pubblicazioni sui social network, così come avevano fatto altri attivisti per i diritti umani a Rio de Janeiro, senza aver portato ad indagini o ad arresti; allora perché proprio Marielle?
Circolano molte ipotesi sulla stampa. Il nostro dolore non ha permesso una analisi razionale di tutta la situazione. Ma ancor più scioccante è l’assenza di elementi che possano spiegare questo codardo assassinio.
Non possiamo dimenticare le minacce contro Freixo, quando presidiò i CPI delle milizie nell’assemblea legislativa di Rio de Janeiro accompagnato dalla stessa Marielle. Nonostante le minacce e i rischi che continua a correre, è ancora con noi. Era, ieri, uno di quelli che piangevano la morte di Marielle senza capire i motivi di quella atrocità.
E’ chiaro che si tratta di un crimine politico, questo è, con finalità di repressione, grave repressione da parte del potere. Se Marielle, sebbene relatrice della commissione Accompagnamento di intervento militare federale a Rio, non fosse bersaglio “preferenziale” della polizia PMs – come attesta l’assenza di minacce, e conseguentemente bersaglio della polizia privata- perché hanno ucciso Marielle?
Ancora è molto presto per concludere sulle motivazioni degli autori. Demoralizzare con l’intervento militare? Disseminare il terrore tra le attiviste e gli attivisti dei diritti umani del PSOL con mandato parlamentare? Per evitare l’ascesa di una nuova leadership di sinistra contro la violenza della polizia nelle comunità di Rio? Questi fattori da soli non sembrano spiegare perché hanno scelto Marielle.

Un elemento, tuttavia, sembra indiscutibile: il razzismo e il machismo sono dietro il crimine. Marielle non era l’unica attivista per i diritti umani della PSOL con mandato parlamentare.

Né aveva recentemente intrapreso un’azione legale contro la banda corrotta della Polizia Militare di Rio, ma era una donna lesbica, nera, della favela del Maré, che osava occupare uno spazio destinato storicamente a ricchi uomini bianchi. Questo faceva di lei il tormento dei suoi aguzzini, un bersaglio naturale, una anomalia del sistema. Sebbene fosse una consigliera eletta con il voto, i suoi assassini, professionisti della morte, come dimostrato dalle caratteristiche del crimine, la vedevano certamente come uno di quei corpi “usa e getta”. Non sapevano che i tempi sono diversi, e che il Brasile non accetta più atrocità contro la leadership espressa da Marielle.
Le dimostrazioni di solidarietà e indignazione riempiono il PSOL di speranza e hanno dato sollievo a tutte le persone che piangono la perdita di Marielle.
Migliaia di persone in tutto il Brasile si sono emozionate, sono indignate contro la banalità del male. Sebbene avesse vessato ogni settimana leader popolari, indigeni e Senza terra, il crimine non si era spinto mai così oltre.
Uccidendo quella donna nera de Maré, nel cento di Rio de Janeiro, non sapevano che stavano disseminando l’indignazione tra tutte le donne del Paese. Quante compagne, ieri, mi hanno detto indignate “potevo essere io”  immagino cosa sentirono le nostre consigliere, molte di esse attiviste per i diritti umani, sapendo che c’è ancora chi vede le donne nere, anche se con mandato parlamentare, come un potenziale bersaglio.
L’assassinio ha avuto ripercussioni internazionali, e non sarebbe sorprendente se le autorità scoprissero rapidamente gli autori dell’omicidio. Dopotutto, è in gioco la credibilità dell’intervento militare , ma è poco probabile che venga alla luce la motivazione dei criminali. Nella perizia degli investigatori non ci sarà scritto : morì perché era una donna nera, già questa frase sarebbe sufficiente per spiegare buona parte degli assassinii promossi dalle forze di sicurezza in tutto il paese contro civili innocenti.
E’ chiaro che questo fattore non è sufficiente a spiegare perché hanno scelto Marielle, ma non ci sono dubbi che il razzismo e la misoginia sono i complici di questo brutale crimine.
La lotta che inizia, o meglio che si amplia guadagnando consensi non finirebbe con l’arresto degli assassini, la lotta avrà fine solo quando si arriverà al mondo che lei sognava,un mondo in cui le donne, i neri, di qualsiasi luogo abbiano gli stessi diritti e vivano con dignità. Trasformare la nostra indignazione, il nostro dolore in forza che possa trasformare il Brasile.